Per fare un breve racconto della mia conoscenza di Padre Juan Bertolone devo cominciare parlando dell’integrazione della mia famiglia, partendo da mia madre, Blanca Delia Biedma de Jauge, furvente cattolica praticante, tra le cui passioni bisogna ricordare che apparteneva alle dame della Vergine e della commissione pro Cappella dell’Ospedale Ana Bernal de Justo. Mio papà, Andres Emilio Auge, era di religione protestante. Io e i miei tre fratelli siamo stati tutti battezzati e cresimati secondo il rito cattolico. Per diversi motivi avevano una relazione con i chierici. Da una parte per le attività di mia madre. Mentre dall’altra per la professione di mio padre che conosceva l’allora parroco Padre Monteverde ed aveva aggiustato tra le varie cose il vecchio orologio della chiesa, come anche l’organo e vari strumenti della banda dei boy scout. In occasione della riparazione dell’orologio della chiesa, a me e ad uno dei miei fratelli toccò salire sul campanile. Per fare questo dovemmo contattare Padre Juan affinchè potessimo avere accesso al campanile. Da lì vedevamo il Padre che molte volte giocava a calcio con i ragazzini nel cortile laterale. Dall’affetto che i ragazzi provavano verso di lui fummo in grado di differenziarlo dagli altri che lavoravano lì come educatori.
Ci sono molte cose della mia memoria ma ricordo in particolare che Padre Juan era solito venire a trovare i miei genitori per parlare con loro. In una delle varie occasioni, all’ora della merenda mia mamma gli servì del te con dei biscotti e lo sorprese mentre ne metteva via alcuni nel proprio borsello. Lo riprese in modo affettuoso perché sapeva che quei biscotti, o quando riusciva prenderle, le caramelle, li avrebbe dati a chi non ne aveva, a volte persino privandosi del suo cibo. Per questo quando era ora di cena lo obbligava a mangiare affinché non si privasse poichè. quando se ne andava non si dirigeva verso la parrocchia ma a far visita a qualche malato e/o bisognoso; molte volte non tornava a casa sua a dormire ma passava la notte all’ospedale o nella Cappella di Villa Linch o accompagnando o confortando qualche malato nella propria casa.
Queste azioni le osservai in molte occasioni a casa nostra e questa dedizione continuava anche nella località di General Conesa dove per ragioni di lavoro mi recavo spesso e dove avevo conoscenti che mi confermavano che i suoi comportamenti abituali come ad esempio smettere di mangiare per dare il proprio cibo ai più bisognosi.
Io Juan Pedro Juage dò testimonianza di questi racconti.