La signora Petrona Bustos in Cifuentes (80), più conosciuta come Graciela (nome derivato da un negozio alimentare che gestiva alcuni anni fa), ricorda con emozione l’arrivo di padre Juan nei quartieri di Villa Lynch e Lujan, zona che riuniva negli Anni Sessanta tante famiglie di emigrati nel sud di Rio Negro.
“Qui era tutto abbandonato: dove adesso si erge la cappella, c’era un immondezzaio con ogni sorta di spazzatura e tanti bambini girovagano senza far niente. Io ebbi l’idea di fare un campo di calcetto e così nacque il club “Estrella Verde”. All’inizio, padre Juan non credeva che io potessi gestire l’impresa, ma con il tempo fu chi mi aiutò di più”.
“Dopodichè cominciò la costruzione della cappella della Sagrada Familia – continua – chiedeva soldi dappertutto e la gente glieli dava, perché sapevano che era un uomo per bene, che si prodigava per gli altri. Una mattina, dopo un forte vento, venne a raccontarmi che era crollato un muro; ma subito dopo, trovato il materiale necessario, si mise a lavorare insieme ai ragazzi della zona”.
In via Lavalle costruì la cappella Don Bosco, più in là, sulla collina, in via Moreno, realizzò un’altra delle sue opere: l’oratorio Madre Maria Mazzarello, dove si incontravano più di cento ragazzi tutti i fine settimana. Molto vicino si trova la scuola materna “Juan Bertolone” tutelata dalla Caritas.
La signora Nydia Gagiotti ha raccolto alcune emozionanti testimonianze su padre Juan. Si riscontra, ad esempio, un testo scritto da Della R. in Scheverin che riporta: “L’immagine che mi resta di lui è quella di un essere completamente dedicato al servizio degli altri; non gli interessava di se stesso e molte volte fu criticato a causa della sua sciattezza, ma con il tempo si è scoperto che era così perché dava tutto agli altri: se gli regalavano un cappotto, lui lo passava a qualcun altro che ne avesse più bisogno di lui”.
“Me lo ricordo in tonaca e con la bicicletta, sforzandosi per arrivare in cima alla collina, nella zona alta di Carmen de Patagones, dove si trovavano gli oratori e le baracche: nobile, santo, non offese mai nessuno e sacrificò la sua vita per i giovani ed i più poveri… i bambini delle baracche lo seguivano perché le sue tasche erano sempre piene di dolci… e lui era sempre pronto ad offrire, con i suoi giochi e con la Parola, un consiglio o un insegnamento al momento opportuno”, si ricorda Albina in Rial.
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