Il carignanese Roberto Fiandino è un ex allievo dell’istituto professionale di Valdocco e ricorda la figura con affetto la figura di Padre Juan Bertolone.
“Ho conosciuto don Gianni Bertolone nel periodo dal 1953 al 1956. A Valdocco è stato il mio assistente ed è stato anche professore. Ho dei ricordi ancora vivissimi di don Gianni. Come persona rispetto agli altri assistenti ci trattava in maniera amichevole, non ci faceva pesare il suo essere assistente. Era severo quando era il caso, ci trattava da adulti. Don Gianni era una persona buona ma allo stesso tempo severa. Bisognava essere così perché eravamo 300-400. Lui giocava con noi al pallone, si buttava in mezzo alla mischia, nei momenti di ricreazione era uno di noi. A quei tempi i salesiani usavano la talare, lui se la agganciava ai pantaloni e giocava con noi: era sudatissimo ma sempre sorridente. Dopo il collegio l’ho perso completamente. Lì ho fatto grafico, sono stato poi ancora lì due anni a insegnare ai ragazzi e poi ho cambiato completamente indirizzo essendo andato all’estero a studiare lingue. Poi lui nel frattempo è andato via e io non ho più saputo più niente”.
“Come è rinato l’interesse verso la storia di don Gianni? Don Casati dice Messa la domenica a Ceretto, frazione di Lombriasco, e un giorno mi ha chiesto se mi ricordavo di don Gianni Bertolone e mi ha raccontato che è stato in Argentina in missione ed è morto giovane in odore di santità. Lui mi ha dato la lettera mortuaria, da leggere è molto importante, e mi sono reso conto che ci sono dei passi toccanti che l’ispettore Cantini ha scritto al momento della morte di Padre Juan. Leggendola si capisce che questo sacerdote aveva una marcia più, si dedicava ai ragazzi, ai poveri. Frasi che mi hanno colpito, in modo particolare quando lui dice: “Io nei momenti di difficoltà mi rivolgo a Lui e sono sempre ascoltato”. Nella lettera mortuaria vi è un compendio della sua vita, di quello che ha fatto.
Quest’uomo ha lasciato il segno e la prova che ha più di 40 anni dalla morte è ancora vivo il ricordo delle persone di Conesa che lo hanno conosciuto. Vive ancora il suo oratorio, la casa del fanciullo che aveva fatto lui che viene portata avanti da laici visto che i salesiani hanno deciso di lasciarla anche se non so per quale motivo”.